“Non sono emergenza”, le parole e i numeri del disagio giovanile
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Durante l’emergenza Covid il tema del disagio giovanile è tornato all’ordine del giorno. Tuttavia il dibattito si è sviluppato in modo molto spesso frammentario, aneddotico, non alimentato con dati certi.
Del resto, nell’affrontare la questione, il primo ostacolo è proprio la possibilità di reperire informazioni qualificate, strutturate e di qualità sulla condizione di ragazze e ragazzi dopo il Covid attraverso i dati.
Ancora più che in altri ambiti, il panorama informativo e la discussione sul disagio giovanile si caratterizza per l’elevata infodemia. Un neologismo inserito dalla Treccani proprio nel pieno dell’emergenza sanitaria, definibile come
“(…) circolazione di una quantità eccessiva di informazioni, talvolta non vagliate con accuratezza, che rendono difficile orientarsi su un determinato argomento per la difficoltà di individuare fonti affidabili” – Treccani, Infodemia (neologismi 2020)
Poche definizioni potrebbero descrivere meglio lo stato attuale della discussione sul tema. Sui media, dai giornali alla televisione, così come sui social, abbondano pareri, servizi, interviste, numeri. Eppure è difficile arrivare a una sintesi, o perlomeno a un quadro chiaro su cosa stiano vivendo giovani e giovanissimi.
Non è certo un problema la varietà di punti di vista diversi sull’argomento, che anzi sono preziosi e contribuiscono al confronto critico e, potenzialmente, a un’interpretazione condivisa su cosa stia davvero accadendo nel paese.
Il problema casomai è che questo dibattito è in corso, almeno tra i non addetti ai lavori, dai cittadini ai media generalisti, ma anche tra gli stessi decisori, quasi prescindendo dai dati. Oppure avvalendosi di cifre parziali, informazioni non strutturate che servono più a supportare l’aneddotica personale che a offrire un ragionamento compiuto e costruttivo.
Nell’ambito della campagna Non sono emergenza dell’impresa sociale Con i Bambini, proponiamo alcune delle parole chiave e i dati per comprendere meglio la situazione in corso tra bambini e ragazzi, dopo la pandemia.
Le Parole del disagio giovanile dopo la pandemia
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FONTE: elaborazione openpolis – Con i Bambini su dati Istat, Iss, Transcrime, Invalsi
(pubblicati: lunedì 18 Novembre 2024)
La necessità di un approccio basato sui dati
Terminata l’emergenza Covid, alcuni dati possono aiutarci a capire cosa sia successo in quella fase storica e quali siano oggi le ripercussioni sulla vita dei più giovani. La didattica a distanza e le chiusure prolungate delle scuole hanno sicuramente avuto un impatto in termini di apprendimenti, pagato soprattutto dagli studenti svantaggiati.
Molti indicatori segnalano un aumento del disagio tra i più giovani.
Le difficoltà economiche di alcuni nuclei familiari hanno spinto all’aumento dell’incidenza della povertà minorile, ai suoi massimi nella serie storica recente. In parallelo con la rarefazione delle relazioni sociali, il benessere psicologico è diminuito, specialmente tra le ragazze, così come sono aumentati i casi di disturbi alimentari e altri comportamenti a rischio.
E tuttavia non tutti i segnali sono negativi, se si guarda alla capacità dei giovani di mobilitarsi su temi che hanno a cuore e di impegnarsi in modo organizzato per essere agenti di cambiamento nel mondo in cui vivono. Se c’è un problema nella condizione attuale di bambini e ragazzi, e sicuramente c’è, non sarà un approccio emergenziale, dettato da una logica catastrofista, a risolverlo. Solo interventi sociali e politiche pubbliche costruite con il coinvolgimento attivo dei più giovani, e indirizzate alle loro necessità ed esigenze, potranno farlo.
Cosa raccontano i dati a disposizione
Nel giugno dell’anno scorso, un’indagine demoscopica promossa da Con i Bambini e Demopolis ha fatto emergere come il 54% degli adolescenti intervistati ritenga di non essere capito dagli adulti. Un’opinione peraltro condivisa dal 45% dei genitori.
Questa tendenza porta a interrogarsi sui fattori che ne stanno alla base, con particolare attenzione al disagio vissuto da bambini e ragazzi durante e dopo la pandemia. Un disagio che è innanzitutto di natura sociale ed economica: secondo le stime di Istat, pubblicate il 17 ottobre scorso, quasi il 14% dei minori nel 2023 si è trovato in povertà assoluta. Ovvero l’incidenza più elevata della serie storica dal 2014, a seguito della revisione metodologica avvenuta negli ultimi anni. Dopo la pandemia, i bambini e ragazzi che vivono in famiglie in povertà assoluta sono arrivati a sfiorari gli 1,3 milioni.
1,29 milioni di minori in povertà assoluta nel 2023. Il 13,8% del totale.
Tuttavia sarebbe riduttivo affrontare la questione solo dal punto di vista della deprivazione materiale, senza andare alle radici educative, culturali, sociali, psicologiche che ne sono alla base. Dimensioni che spesso sono anche collegate tra loro.
Disagio giovanile e apprendimenti degli studenti
In termini educativi, gli anni di pandemia si sono segnalati per un calo netto negli apprendimenti. Nel 2022 quasi uno studente su 10 (9,7%) in quinta superiore si è trovato in dispersione implicita, vale a dire nella situazione di chi, pur portando a termine gli studi, lo fa senza aver raggiunto competenze di base adeguate.
Una crescita significativa rispetto a prima della pandemia: gli alunni in dispersione implicita erano il 7% nel 2019. Il fenomeno ha riguardato soprattutto gli studenti svantaggiati: gli alunni con alle spalle una famiglia in condizione medio-bassa sono passati da una dispersione implicita dell’8% nel 2019 al 12% nel 2022.
Durante il Covid, la dispersione implicita ha raggiunto il 12% tra gli studenti svantaggiati
Percentuale di studenti di V superiore che concludono l’ultimo anno con competenze di base del tutto inadeguate, per livello di Escs (2019-22)
FONTE: elaborazione Openpolis – Con i Bambini su dati Invalsi
(pubblicati: mercoledì 6 Luglio 2022)
Scarica il report completo:
Il report è disponibile anche su conibambini.openpolis.it
L’Osservatorio #Conibambini, realizzato da Con i Bambini e Openpolis nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, fornisce dati e contenuti sul fenomeno in Italia nella modalità di data journalism, in formato aperto e sistematizzati, per stimolare un’informazione basata sui dati. L’obiettivo è promuovere un dibattito informato sulla condizione dei minori in Italia, a partire dalle opportunità educative, culturali e sociali offerte, ed aiutare il decisore attraverso l’elaborazione di analisi e approfondimenti originali.