Disabilità: quasi una scuola su due non è completamente accessibile
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Inclusione significa rimuovere barriere non solo fisiche, ma anche culturali nei confronti della disabilità. A partire dalla scuola e dalla vita quotidiana dei minori. È quanto emerge dal report “Diritto incondizionato” dell’Osservatorio #conibambini, a cura di Con i Bambini e Openpolis. Di seguito un estratto del rapporto.
Il minore con disabilità non va ridotto a utente di servizi: è una persona con diritti da garantire. È quanto sancisce la convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, approvata dall’assemblea delle Nazioni unite nel 2006, principale punto di riferimento delle politiche pubbliche in materia. Il vero cambio di paradigma della convenzione Onu è stato porre come sfida principale la realizzazione del diritto alla partecipazione alla vita sociale, in condizioni di parità con gli altri.
Inclusione significa rimuovere barriere sia fisiche che culturali in tutti gli ambiti della vita quotidiana.
Questo approccio “globale” alla disabilità esige che l’eliminazione delle barriere non si limiti solo agli ostacoli fisici e architettonici. Le politiche di integrazione devono avere come target anche e soprattutto le barriere culturali.
Il 31,9% delle persone tra 14 e 44 anni con limitazioni gravi si dichiara poco o per niente soddisfatto delle proprie relazioni di amicizia. Tra i coetanei senza limitazioni la quota è pari al 9,9%.
Più è grave la disabilità, minore tende ad essere la partecipazione alla vita sociale. Analogamente, anche il livello di istruzione tende a diminuire in presenza di una disabilità, a testimonianza che il percorso verso una completa inclusione è ancora lungo. Al contrario, numerose indagini hanno segnalato come l’esito del percorso di istruzione sia direttamente correlato con la soddisfazione per la propria vita sociale. Come in un circolo virtuoso, una maggiore partecipazione alla vita culturale e sociale da parte della persona con disabilità aumenta in modo significativo anche l’appagamento per la qualità della vita. Garantire la piena accessibilità delle opportunità educative, formali e informali, è cruciale per la crescita sana dei bambini disabili e per il loro futuro equilibrio fisico e psichico.
Il minore con disabilità non va considerato solo nel suo profilo di alunno con handicap. È l’intera prospettiva sul tema che deve cambiare, inquadrando il minore nel complesso di attività, relazioni, interessi che lo riguardano. Ha diritto al gioco, al tempo libero, a coltivare interessi e relazioni anche al di fuori delle mura scolastiche. È proprio nei contesti di apprendimento informale e meno istituzionalizzati, infatti, che si costruisce l’inclusione effettiva.
19,2% delle persone con limitazioni gravi è molto soddisfatto per la propria vita. Tra quelle che partecipano ad attività culturali la quota sale al 37% (Istat).
Disabilità a scuola, tra difficoltà in fase Covid e questioni di lungo periodo
Così come il diritto all’istruzione, sancito dalla nostra carta costituzionale, è universale, anche la scuola deve essere un luogo pienamente accessibile per tutti.
La pandemia ha avuto un impatto sicuramente negativo sull’inclusione scolastica delle persone con disabilità e con bisogni educativi speciali. Per gli studenti disabili, e in generale per i minori con Bes, la socialità con adulti e compagni di classe costituisce infatti un aspetto ancora più centrale nel processo di integrazione.
Il primo obiettivo è stato quello di adattare i piani educativi degli alunni con Bes alla nuova situazione. Altri interventi sono stati la predisposizione di soluzioni e strumenti digitali per l’inclusione degli alunni con disabilità, l’acquisto di nuovi dispositivi da parte della scuola, il coinvolgimento di figure di supporto e attività di formazione su Dad e inclusione.
Tuttavia, le rilevazioni di Istat durante il primo lockdown hanno segnalato come più del 23% degli alunni con disabilità non abbiano partecipato alle lezioni in didattica a distanza, a fronte di una media dell’8%. Quota che sale ulteriormente nel mezzogiorno, attestandosi poco sotto il 30%.
29% gli alunni con disabilità del mezzogiorno che non hanno preso parte alla Dad.
Tra gli alunni con disabilità, sono oltre 70mila quelli per cui fare didattica a distanza nei mesi del primo lockdown è risultato impossibile, per una serie di motivi. Su tutti, viene addotta la gravità della patologia (27% dei casi). In un caso su 5, sono state citate difficoltà da parte dei familiari nell’attivazione della didattica a distanza. Il terzo motivo più frequente (17%) è un disagio socio-economico della famiglia, che quindi si va a sommare a una situazione di disabilità.
Perché molti alunni con disabilità non hanno seguito la DAD nel lockdown 2020
Motivi più frequenti che hanno ostacolato la partecipazione degli alunni con disabilità alla didattica a distanza (aprile-giugno 2020)
FONTE: elaborazione openpolis - Con i Bambini su dati Istat
(ultimo aggiornamento: mercoledì 9 Dicembre 2020)
Allo stesso tempo, restano aperte alcune questioni che preesistevano alla pandemia. In particolare in termini di accessibilità della scuola, su cui pure sono stati fatti degli sforzi, testimoniati dalla crescita del numero di studentesse e studenti disabili negli ultimi anni. Un incremento, come ricostruito da Istat, attribuibile anche un maggior riconoscimento di alcune patologie rispetto al passato, ma che sicuramente segnala anche lo sforzo del sistema scolastico nel processo di inclusione.
Negli anni scorsi la quota di alunni con disabilità è cresciuta in tutti i gradi di istruzione
Percentuale di studenti con disabilità sul totale degli studenti per anno scolastico
FONTE: elaborazione openpolis - Con i Bambini su dati Miur e Istat
(ultimo aggiornamento: mercoledì 9 Dicembre 2020)
Tuttavia resta ancora lontano il traguardo di una effettiva rimozione dei fattori di disuguaglianza.
La presenza di barriere architettoniche
Sono molte le barriere frapposte all’accesso per i portatori di handicap agli edifici, compresi quelli scolastici. Tra le scuole italiane di tutti gli ordini, statali e non, l’ostacolo più frequente a una piena accessibilità è l’assenza dell’ascensore, o comunque la presenza di un impianto non adatto al trasporto delle persone con disabilità. Tale situazione riguarda oltre il 40% delle scuole non accessibili. Seguono, in circa 1/4 delle scuole non accessibili, la presenza di bagni non a norma e l’assenza di servoscala.
Ascensori assenti o non a norma, bagni non adatti e assenza di servoscala sono le barriere architettoniche più frequenti
Percentuale di scuole non accessibili per tipo di barriera presente (2019/20)
FONTE: elaborazione openpolis - Con i Bambini su dati Istat
(ultimo aggiornamento: mercoledì 9 Dicembre 2020)
Mentre sembrano essere più spesso a norma le scale interne (6,1% delle scuole non accessibili), quelle esterne (5,4%) e le porte (3%). In generale, la presenza di barriere fisiche si rileva in quasi una scuola su 2 a livello nazionale.
46,4% delle scuole italiane non accessibile per la presenza di barriere fisiche.
Una situazione fortemente differenziata sul territorio, a partire dalle macroaree del Paese. Nel mezzogiorno risulta accessibile il 27,4% dei plessi, nel centro circa un terzo del totale (32,5%) e nel nord il 36%. Divari che comunque non invertono la tendenza di fondo: al netto dei non rispondenti, in tutte le aree del paese almeno il 40% delle scuole non è pienamente accessibile per uno studente con disabilità motorie.
Nel Mezzogiorno scuole spesso meno accessibili per gli alunni con disabilità motoria
Percentuale di scuole per accessibilità rispetto alle barriere fisiche (a.s. 2019/20)
FONTE: elaborazione openpolis - Con i Bambini su dati Istat
(ultimo aggiornamento: mercoledì 9 Dicembre 2020)
60,2% delle scuole italiane non dispone di nessun facilitatore per il superamento delle barriere senso-percettive.
Rispetto alle barriere senso percettive, a livello nazionale circa il 18% delle scuole ne ha almeno uno, il 60% non ne ha nessuno e il 21,5% non ha risposto alla rilevazione. In questo caso, oltre alla minore presenza generale, spicca ancora la distanza tra nord e sud. Nel mezzogiorno solo il 13,8% dei plessi ha almeno un facilitatore, quota che sale al 17,9% nel centro e al 22,5% nell'Italia settentrionale. Anche in questo caso, tuttavia, va rilevato come in tutte le macroaree, nord compreso, oltre la metà delle scuole non disponga di facilitatori.
Meno di una scuola su 5 dispone di facilitatori per alunni con difficoltà sensoriali
Percentuale di scuole per accessibilità rispetto alle barriere senso-percettive (a.s. 2019/20)
FONTE: elaborazione openpolis - Con i Bambini su dati Istat
(ultimo aggiornamento: mercoledì 9 Dicembre 2020)
È possibile approfondire l’argomento su conibambini.openpolis.it.
L’Osservatorio #Conibambini, realizzato da Con i Bambini e Openpolis nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, fornisce dati e contenuti sul fenomeno in Italia nella modalità di data journalism, in formato aperto e sistematizzati, per stimolare un’informazione basata sui dati. L’obiettivo è promuovere un dibattito informato sulla condizione dei minori in Italia, a partire dalle opportunità educative, culturali e sociali offerte, ed aiutare il decisore attraverso l’elaborazione di analisi e approfondimenti originali.