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Studenti italiani tra i più ansiosi

Gli studenti italiani sono ansiosi riguardo alla scuola rispetto ai loro coetanei degli altri paesi. Lo mostra il nuovo rapporto PISA, il Programma di valutazione triennale degli studenti quindicenni realizzato dall’OCSE, il cui nuovo volume è presentato oggi a Londra.

Come stanno i ragazzi a scuola?

In generale, gli studenti italiani sono un po’ meno soddisfatti della media dei loro coetanei. Alla richiesta di assegnare un punteggio da 0 a 10 al proprio livello di soddisfazione rispetto alla loro vita, il punteggio medio degli italiani è risultato essere 6,9, più basso della media OCSE (7,4). Ma la percentuale di studenti che ha indicato i valori più bassi, quelli compresi tra 0 e 4, è in linea con la media: 12%. “Le scuole non sono solo luoghi dove apprendere competenze accademiche”, si legge nell’introduzione al rapporto firmata dal responsabile Education di OCSE Andreas Schleicher, “ma sono luoghi che aiutano gli studenti a diventare resilienti di fronte alle difficoltà, li fa sentire più connessi con le altre persone e determinano le loro aspettative”. La scuola è cioè un luogo dove gettare le basi della propria felicità futura.

Dopo la qualità dell’educazione scolastica e le politiche per il miglioramento scolastico analizzate in dettaglio negli altri volumi, per la prima volta nella storia del PISA gli esperti si sono concentrati sul benessere degli studenti, prendendo in considerazione non solo i risultati scolastici e il livello di apprendimento, ma anche il loro benessere fisico, psicologico e sociale. Essere ansiosi risulta essere una condizione molto diffusa tra i quindicenni di tutto il mondo, ma può giocare un ruolo negativo sulla performance scolastica e sulla soddisfazione riguardo alla propria vita.

Il ruolo della competitività e degli insegnanti

I dati PISA registrano quello che pensano di sé i ragazzi e forniscono un’immagine della loro percezione dell’ambiente scolastico che frequentano. Secondo gli analisti dell’OCSE che hanno lavorato al rapporto, alcuni fattori sembrano però giocare un ruolo, soprattutto quando non si limiti lo sguardo a un solo Paese. Il primo è la competitività dell’ambiente scolastico. Uno studente italiano su due ha dichiarato di essere d’accordo con l’affermazione “voglio essere il migliore, qualsiasi cosa faccia”: un dato basso se confrontato con i sistemi più competitivi, come Thailandia (97%), Stati Uniti (93%), Colombia (92%) ed Emirati Arabi (92%).

I tre Paesi europei che hanno tra le migliori performance in termini di performance scolastico, la principale valutazione che fa il PISA, sono:

  • Paesi Bassi
  • Svizzera
  • Finlandia

Paesi che sono anche tra quelli in cui la competitività dichiarata dai ragazzi è più basse. Trarne una conseguenza generale potrebbe essere fuorviante, perché esistono Paesi in cui il punteggio PISA è elevato ed elevato è anche il livello di competitività.

Non ci sono prove definitive per indicare nella pressione competitiva il singolo fattore e, per esempio, nel nostro paese non sembra essere un fattore determinante sul fronte del livello di ansia generale. Ma, sottolineano i ricercatori, andando a vedere scuola per scuola, in Italia si può comunque vedere una tendenza a livelli di ansia più elevata nelle scuole dove gli studenti percepiscono una maggiore competitività.

L’ansia resta anche dopo aver studiato bene

Il secondo fattore da non sottovalutare come fattore di ansia è il comportamento degli insegnanti. A livello generale, un rapporto improntato al dialogo tra studenti e docenti sembra essere cruciale. Gli studenti che dichiarano di essere ansiosi per una verifica anche dopo aver studiato adeguatamente sono il 5% meno propensi a sviluppare ansia se percepisce che l’insegnante ha adattato le lezioni al livello della propria classe.

Quando l’insegnante si rende disponibile a un aiuto individuale per gli studenti che diventano tesi quando studiano, la loro propensione all’ansia scende del 17%. Secondo il rapporto OCSE si tratta di un meccanismo che è verificabile in tutti i Paesi e pone l’accento su quanto il sistema scolastico di ogni singolo paese fornisca strumenti e permetta agli insegnanti di sviluppare gli strumenti adeguati per questo tipo di sostegno agli studenti.

Oltre le 50 ore di studio la vita non è più soddisfacente

Un altro fattore, del quale però non ci sono evidenze definitive nel Rapporto presentato a Londra, ma solo alcune indicazioni, è il rapporto tra carico di ore di studio e insoddisfazione per la propria vita. Una soglia discriminante, stando alla letteratura scientifica al riguardo, sembrano essere le 50 ore settimanali, in cui si devono contare anche quelle passate a scuola: oltre a questo numero si collocano le frazioni più insoddisfatte tra tutti gli studenti.

Non c’è invece evidenza nei dati PISA di una relazione tra numero di verifiche, o la loro frequenza, e il livello di ansia degli studenti. Il problema della verifica e dell’interrogazione si manifesta quando vengono percepiti come una punizione e non un elemento normale all’interno del percorso formativo.

L’inclusione in classe

Un fattore nel quale l’Italia ha mediamente dei risultati migliori è il senso di appartenenza all’interno dell’ambiente scolastico. Rispetto alla media OCSE del 17%, solo l’11% dei quindicenni italiani si sente escluso a scuola e solo il 14% degli italiani, contro il 19% della media OCSE, dichiara di sentirsi a disagio e fuori posto a scuola. C’è una maggiore facilità nelle classi italiane a sviluppare amicizie: l’83% degli studenti dichiara di fare facilmente amicizia, contro il 78% dell’OCSE. (Agi)

Lo spot sulla campagna “Non sono emergenza” è in programmazione sui canali Rai dall’11 al 17 novembre 2024 nell’ambito delle iniziative di sensibilizzazione di Rai per la Sostenibilità – ESG.

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