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L’Italia resta uno dei Paesi Ue con meno laureati

Tag: Istruzione

Foto di Hannah Olinger su Unsplash
  • Il basso tasso di adulti laureati ha connessioni importanti con l’incidenza della povertà educativa.
  • 3 volte l’incidenza della povertà assoluta nelle famiglie con persona di riferimento meno istruita.
  • Più è elevato il titolo di studio dei genitori, più è probabile che i figli proseguano gli studi, rendendo questa situazione ereditaria.
  • Quasi la metà degli adulti ha la laurea a Pavia (49,5%). 16,6% ad Andria.

Con l’inizio in questo mese dell’anno accademico, migliaia di ragazze e ragazzi stanno affrontando il proprio percorso di studi verso la laurea. Un percorso di studi proficuo e in grado di formarli adeguatamente è in primo luogo nel loro interesse, ma riguarda anche il paese. Come abbiamo avuto modo di raccontare l’Italia resta agli ultimi posti in Ue per quota di giovani adulti laureati.

30,6% i giovani italiani tra 25 e 34 anni laureati o comunque in possesso di un titolo terziario nel 2023 (media Ue: 43,1%).

Ampliare la quota di giovani con una formazione di livello terziario, nel breve e nel medio periodo, è strategico per l’inserimento nel mondo del lavoro e per le prospettive economiche del paese.

Ma le implicazioni di una bassa incidenza di laureati nella popolazione adulta non riguardano soltanto questi aspetti. Negli ultimi anni è emersa chiaramente la relazione per cui al crescere del titolo di studio diminuisce l’incidenza della povertà assoluta. Una famiglia la cui persona di riferimento ha il diploma o un titolo superiore si trova in questa condizione nel 4% dei casi. La quota triplica, raggiungendo il 12,5% dei nuclei, se la persona di riferimento ha al massimo la licenza media, un dato in peggioramento rispetto al 2021.

Dati che mostrano quanto il livello di istruzione resti ancora profondamente legato alla condizione economico-sociale e che fanno emergere un’ulteriore ingiustizia. Se il genitore è laureato, l’incidenza dell’abbandono scolastico tra i figli risulta residuale (1,6%). Quando il titolo massimo dei genitori è il diploma la quota sale al 5%; raggiunge il 23,9% quando hanno al massimo la licenza media. Ciò implica di fatto una trasmissione generazionale del titolo di studio e, di conseguenza, dei livelli di povertà.

Spezzare questa tendenza, garantendo a tutti una formazione che consenta l’accesso ai livelli più alti di istruzione è quindi l’unico presupposto per contrastare la povertà educativa.

L’accesso e l’impatto della laurea nell’Italia di oggi

Sulla scelta di iscriversi all’università incide ancora la condizione sociale di partenza, cosa che rende l’accesso all’istruzione terziaria fortemente segmentato. Oltre 2 adolescenti su 3, in famiglie in buona condizione economica, prevedono di proseguire gli studi dopo il diploma. Se la condizione economica è negativa sono invece meno di 1 su 2. Tale segmentazione sociale è strettamente legata a quella territoriale. In media il 51,7% dei giovani neo-diplomati si iscrive all’università; la quota scende sotto al 40% nei territori di Napoli e Salerno.

Il problema sottostante a questo fenomeno è l’ereditarietà tra generazioni di una condizione di vulnerabilità sociale. L’incidenza della povertà è infatti connessa con il livello di istruzione dei genitori. In attesa dei nuovi dati che saranno pubblicati nei prossimi giorni dall’istituto di statistica, il trend degli ultimi anni è stato piuttosto nitido. Nel 2022 era emerso che se la persona di riferimento del nucleo è in possesso del diploma o di un titolo superiore la famiglia è in povertà assoluta nel 4% dei casi. La quota triplica, raggiungendo il 12,5% dei nuclei, se ha al massimo la licenza media, un dato in peggioramento rispetto al 2021. Nelle famiglie dove la persona di riferimento ha la licenza elementare o non ha titoli di studio la quota è analoga, collocandosi 13%.

Il meccanismo che contribuisce a rendere questa tendenza ereditaria è che più è elevato il titolo di studio dei genitori, più è probabile che i figli proseguano gli studi.

Sono soprattutto i figli dei laureati a proseguire gli studi
Percentuale di giovani in abbandono scolastico e di laureati rispetto al titolo di studio più elevato dei genitori (2023)

FONTE: elaborazione Openpolis – Con i Bambini su dati Istat
(pubblicati: mercoledì 17 Luglio 2024)

Quando i genitori non hanno il diploma, quasi un giovane su 4 (23,9%) abbandona precocemente gli studi e solo il 12% dei figli raggiunge la laurea o un altro titolo terziario. Al contrario, se almeno un genitore è laureato, la percentuale di abbandoni precoci della scuola scende al 1,6%, mentre quasi il 70% arriva a laurearsi.

Queste tendenze aiutano a comprendere quanto l’incidenza di adulti laureati sia un fattore rilevante anche rispetto alle politiche di contrasto della povertà educativa. Approfondiamo, attraverso dati a livello locale, come incide territorialmente la quota di persone laureate nel nostro paese.

L’incidenza della laurea tra gli adulti, comune per comune

Il primo elemento che emerge dalla mappa è che l’incidenza degli adulti laureati (25-49 anni) si concentra soprattutto nelle città rispetto ai territori di provincia, in ragione anche di un mercato del lavoro locale che tende a selezionare maggiormente tali profili.

Tuttavia anche tra i capoluoghi le differenze sono molto ampie, in base ai dati raccolti per il censimento permanente al 31 dicembre 2021. In alcune città la quota di laureati nella fascia 25-49 anni sfiora il 50% del totale. Parliamo in particolare di Pavia (49,5%), Bologna (48,3%), Milano (48%) e Siena (47,9%). Sia Padova che Pisa si attestano sul 46,1%, superano quota 40% anche altre 8 città, nell’ordine: Trento, Bergamo, Monza, Cagliari, Firenze, Pescara, Campobasso e Lecco.

I divari nell’incidenza di laureati tra i comuni italiani
Percentuale di laureati nella fascia 25-49 anni (2021)

FONTE: elaborazione Openpolis – Con i Bambini su dati Istat (censimento permanente)
(ultimo aggiornamento: sabato 1 Gennaio 2022)

Al contrario in 17 capoluoghi la quota di adulti con laurea non arriva a un quarto dei residenti tra 25 e 49 anni. In 14 casi si tratta di città del mezzogiorno, fenomeno che può essere legato sia alla minor incidenza delle immatricolazioni in alcuni di questi territori, sia al successivo trasferimento verso le città con maggiore domanda di lavoro qualificato. In particolare la quota è più bassa nei comuni di Prato (20,7%), Trapani (20,5%), Carbonia (20%) e Andria, dove non raggiunge il 20% nell’anno esaminato: 16,6%.

L’articolo è disponibile anche su conibambini.openpolis.it

L’Osservatorio #Conibambini, realizzato da Con i Bambini e Openpolis nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, fornisce dati e contenuti sul fenomeno in Italia nella modalità di data journalism, in formato aperto e sistematizzati, per stimolare un’informazione basata sui dati. L’obiettivo è promuovere un dibattito informato sulla condizione dei minori in Italia, a partire dalle opportunità educative, culturali e sociali offerte, ed aiutare il decisore attraverso l’elaborazione di analisi e approfondimenti originali.

Osservatorio #conibambini

Report con dati comunali e mappe sul fenomeno della povertà educativa in Italia.

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