Dove sono e come vivono i bambini afghani giunti in Italia nel 2021?
Nell’agosto 2021 oltre 1.300 minorenni in fuga dall’Afghanistan soli o con le loro famiglie arrivano in Italia attraverso l’operazione Aquila Omnia e i corridoi umanitari. Poche settimane dopo Con i Bambini, nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa, lancia l’iniziativa “Con i bambini afghani” per avviare in tempi rapidi azioni di accompagnamento educativo, dentro e fuori la scuola, e di inclusione di bambini e famiglie. Nasce il progetto “Comunità in crescita” che coinvolge circa 100 enti sociali già impegnati nei territori nell’accoglienza e inclusione e che prende in carico 861 minorenni.
Dove sono ora questi bambini e bambine, come vivono nel nostro Paese? I dati e le storie.
Rossi-Doria: “Con il susseguirsi delle emergenze e la velocità con cui purtroppo dimentichiamo facilmente, si mettono in secondo piano altri drammi come quello vissuto dagli afghani. Per fortuna esiste una grande comunità educante nel nostro Paese che si prende cura di oltre 860 bambini e bambine, fuggiti con le famiglie dall’Afghanistan e accolti dall’Italia. Una straordinaria alleanza educativa che vede insieme Istituzioni, Fondazioni e Terzo settore e che rappresenta un orgoglio nazionale”.
Non si parla spesso di loro, le loro storie sembrano pezzi di un racconto invisibile che interessa solo chi li segue. In realtà non è così. In Italia oltre 860 bambine e bambini afghani scappati dalla guerra e dagli orrori di un nuovo regime talebano sono stati inseriti in un percorso di accoglienza e inclusione insieme ai loro genitori, con azioni di accompagnamento educativo dentro e fuori la scuola. L’iniziativa straordinaria “Con i bambini afghani” promossa da Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile ha permesso la nascita, nel 2022, di una grande “comunità educante” attorno al progetto “Comunità in crescita”, sostenuto con oltre 3,2 milioni di euro e ancora in corso. Sono stati coinvolti 861 minorenni, di cui 138 bambini della fascia 0-3 anni, 122 di età compresa tra 4 e 6 anni, 248 tra 7 -11 anni, 139 tra 12-14 anni, 108 nella fascia di età 15-17 anni. Ridotto, 58, il numero dei ragazzi coinvolti di età compresa tra 18 e 20 anni, a cui si aggiungono 48 altri minorenni.
Di questi giovanissimi, 496 sono in affidamento al padre, 204 alla madre, solo 20 sono affidati ad altri familiari o strutture, 17 ad un tutore e solo 6 a entrambi i genitori (per i restanti 118 il dato non è ancora disponibile). Quasi 400 tra insegnanti e operatori sono coinvolti ad oggi nella realizzazione dei percorsi. Una vera e propria comunità educante estesa su tutto il territorio nazionale, in grado di lavorare con successo, seppure tra molte difficoltà, per aumentare le possibilità di inclusione scolastica e educativa. Le macro aree, omogenee per numero di minorenni accolti, sono sette: Lombardia (14% dei minorenni), Liguria e Piemonte (10%), Emilia Romagna, Veneto e Friuli (13%), Lazio e Campania (18%), Sardegna e Toscana (7%), Abruzzo, Marche, Molise e Umbria (11%), Basilicata, Calabria, Puglia e Sicilia (27%).
“Con il susseguirsi delle emergenze e la velocità con cui purtroppo dimentichiamo facilmente, si mettono in secondo piano altri drammi come quello vissuto dagli afghani – sottolinea Marco Rossi-Doria, presidente di Con i Bambini – Nella realtà per fortuna esiste una grande comunità educante nel nostro Paese che si prende cura di oltre 860 bambini e bambine, fuggiti con le famiglie dall’Afghanistan e accolti dall’Italia. Un importante cantiere educativo promosso da Con i Bambini nell’ambito del Fondo e frutto di una straordinaria alleanza che vede insieme Istituzioni, Fondazioni e Terzo settore. Un modo di fare squadra, di accogliere, accompagnare e includere, che rappresenta un orgoglio nazionale”.
Il progetto si articola in azioni di orientamento ai servizi/segretariato sociale, apprendimento della lingua italiana, potenziamento, rafforzamento delle competenze relazionali e life skill nei luoghi informali, benessere psicologico. Gli interventi sono implementati dai partner locali e coinvolgono tutte le realtà che, anche se non fanno parte della rete di partenariato di progetto, hanno in accoglienza minorenni afghani.
La cabina di regia nazionale è composta da Con i Bambini, il Tavolo minori migranti, Tavolo asilo e immigrazione, AOI e Consorzio Communitas (soggetto responsabile). Complessivamente sono coinvolti circa 100 enti sociali già impegnati nei territori nell’accoglienza, inclusione ed educazione.
La presa in carico è gestita attraverso una “dote” per ogni destinatario che permette di realizzare un piano educativo individualizzato per ogni minorenne in modo continuativo per tutto l’arco dell’intervento, anche in caso di trasferimento in altra sede di accoglienza e consente di coprire tutte le spese di accompagnamento che si rendono necessarie per un valore di circa 1500 euro per beneficiario.
Per aumentare l’efficacia dell’inclusione dei minorenni nella comunità, il progetto affianca e sostiene il sistema di accoglienza istituzionale CAS (Centri di Accoglienza Straordinaria affidati dalle prefetture a enti profit e non profit) e SAI (“sistema di accoglienza e integrazione”, coordinato dal Ministero dell’Interno in collaborazione con ANCI, progetti affidati dai comuni a enti non profit. La costante cooperazione tra comuni, Ministero Interno e Con i Bambini rappresenta un esempio di sussidiarietà operante.
I percorsi di inclusione dei nuclei famigliari sono estremamente complessi, perché gravati da una generale incertezza e precarietà economica su diversi fronti quali la casa, il lavoro e dunque anche i percorsi educativi e scolastici dei figli. Il radicamento e la conoscenza del territorio da parte dei tantissimi enti di terzo livello che curano direttamente la realizzazione dei percorsi, pur rappresentando dal punto gestionale una sfida complicata, è certamente uno degli elementi di forza per favorire l’inclusione sociale e l’autonomia dei minori e delle loro famiglie. Il fatto che i partenariati si siano costituiti anche per la pregressa competenza nelle lingue e nelle culture dell’Afghanistan, ha rafforzato la loro capacità di impatto.
Numerosi interventi riguardano le bambine e i bambini dai 3 ai 6 anni e anche i più piccoli (0-2 anni), in particolare attraverso il sostegno alle donne che hanno partorito in Italia, successivamente al forzato allontanamento dall’Afghanistan. L’esigenza di azioni di sostegno alla genitorialità diventa necessaria poiché le fragilità dei nuclei famigliari e le difficoltà riguardanti in particolar modo i figli, assumono una dimensione più grande nel contesto migratorio, aggravato dalla sua dimensione forzata e dall’urgenza di lasciare il proprio ambiente di vita a causa di persecuzioni o del timore di subirle.
Le storie
Il primo giorno di scuola di Matin
Matin ha sei anni e viene dall’Afghanistan È arrivato in Italia nell’ agosto 2021 e preso in carico dal progetto “Comunità in Crescita” a gennaio 2023 per sostenere il suo percorso di socializzazione e inserimento scolastico. Il 15 settembre Matin ha affrontato il suo primo giorno di scuola in Italia. E l’ha fatto con entusiasmo e non poca determinazione. Una cosa non da poco, Matin in fondo si è trovato a superare una guerra e le molte sfide nel nostro Paese ma, per fortuna, l’ha fatto sempre con vivacità ed energia.
La mattina del suo primo giorno di scuola, Matin era radioso di felicità. Indossava con orgoglio il grembiule blu ed il suo bellissimo zaino, mano nella mano accompagnato dai suoi genitori. E quando gli viene chiesto di raccontare del suo primo giorno di scuola, tutto di lui si illumina. Non vede l’ora di tornare, di apprendere qualcosa di nuovo e di continuare a costruire nuove amicizie.
La storia di Matin, come sappiamo quelle di tutti i nostri ragazzi, è un esempio di come l’istruzione possa essere un faro di speranza per i bambini che hanno vissuto situazioni di guerra e difficoltà. La scuola può essere un luogo sicuro in cui esprimersi e coltivare le proprie passioni. Per le sue compagne e compagni Martin è una “finestra amica” su altri mondi, con i quali vivere, imparare, crescere insieme.
Il primo giorno di scuola di Matin è stato solo l’inizio di un viaggio straordinario, ricco di sfide e scoperte, di nuove passioni e di piccoli mattoncini attraverso cui potrà iniziare a disegnare il suo futuro.
Tornare ad essere piccoli
Quando è arrivato in Italia Mir sapeva mimare, con il gesto delle braccia, i morti.
Mir ricaricava armi immaginarie e prendeva la mira prima di “sparare” agli elicotteri in cielo e quando indicava gli aerei o le macchine diceva “in Afghanistan boom”.
Nel suo paese era figlio di un militare importante, andava a scuola con macchine di lusso ed era considerato uno degli studenti migliori della classe. In Italia non capiva una sola parola. A scuola sbadigliava perché si annoiava.
Vedeva i suoi compagni di classe cantare le canzoni per bambini e alzava gli occhi al cielo. Vedeva i suoi compagni avvicinarsi per aiutarlo con i compiti e li mandava via. Trascorreva i giorni a scuola con la giacca e il cappuccio in testa. Protetto, nascosto, arrabbiato.
Arrabbiato con le maestre che spiegavano cose troppo difficili, con i compagni che capivano molto più di lui, con i genitori che lo hanno portato via dalla sua amata terra, con sé stesso per la sua incapacità di adattarsi a un mondo così diverso. E l’unico modo che aveva per comunicare era facendo dispetti o infastidendo gli altri bambini.
Comunità in Crescita gli ha permesso di avere educatori dedicati a scuola che gli hanno permesso di migliorare. Che lo hanno sostenuto nei compiti e aiutato a capire meglio le lezioni e, soprattutto, che gli hanno permesso di sentirsi meno diverso, meno solo.
Oggi Mir parla bene l’Italiano e capisce tutto. Si è tolto il cappuccio, ride e scherza con gli altri bambini.
Ora Mir si permette un’infanzia e fa parte di una comunità di coetanei.
La guerra con gli occhi di Bibi
Bibi ha dieci anni, ma ne dimostra molti di più. Non solo per il suo corpo slanciato e snello, il portamento fiero, e il velo nero che le copre il capo, Bibi sembra più grande soprattutto per il suo sguardo.
Gli occhi di Bibi sono quelli di una bambina che ha visto la guerra, quelli di chi ha perso troppe persone, sono occhi che conoscono la morte. Bibi ha uno sguardo che ti entra dentro, uno di quelli a cui è difficile sottrarsi. Quando è arrivata in Italia, ad otto anni, una parte di lei era rimasta in Afghanistan: mostrava alle educatrici video dell’Afghanistan, immagini dei talebani, le foto dei suoi cari che non ci sono più. Bibi era la memoria di quello che era successo, per gli educatori e per i fratelli.
Disegnava ovunque bandiere dell’Afghanistan. Non sapeva leggere né scrivere perché non era mai andata a scuola.
La prima volta che ha preso una matita in mano e ha provato a scrivere ha lasciato il compito dicendo che non era capace. La prima volta che è entrata a scuola non voleva staccarsi dal corpo dell’educatrice. E così la seconda, e la terza.
“A me la scuola no piace”
“Le bambine in Afghanistan no scuola”
“Io non tolgo la mascherina, io sono nera, io sono brutta.”
“Io non mangio”
“Io voglio tornare in Afghanistan”.
La guerra ha tolto a Bibi molto. Il lavoro fatto dagli operatori di Comunità in Crescita è stato incentrato sul ridarle autostima, sul motivarla costantemente, sul restituirle un’immagine di sé diversa, sul ridarle in mano la matita ogni volta che la lanciava frustrata, e sul dirle costantemente “ce la puoi fare”, “sei bellissima”, “va tutto bene”.
Ora Bibi mangia felice con i compagni di classe, prova a fare i compiti anche se non le piacciono, ha degli amici con cui ride e scherza. Inizia a vivere la vita di una bambina di dieci anni che può iniziare a immaginarsi in una vita possibile.
Nuovi modi di essere nel mondo
Nadir ha scoperto la sua diversità a poco a poco, con l’evoluzione dell’anomalia genetica cui in Italia è stato dato un nome: l’albinismo.
In Afghanistan infatti il medico a cui la famiglia si era rivolta aveva individuato la causa delle macchie bianche sulla sua pelle in un’allergia alimentare. Quando il cambiamento di dieta non aveva dato gli effetti sperati, i genitori hanno tentato di nascondere il bianco dei capelli del piccolo tingendoli di nero.
Comunità in crescita si è impegnata a conquistare la fiducia della mamma e del papà di Nadir affinché potessero acquisire la consapevolezza di cosa sia l’albinismo, in modo che sia più facile per il loro bambino prendere coscienza di sé. Attualmente, Nadir frequenta la scuola, supportato dai suoi insegnanti che ci raccontano come il piccolo affronti le sfide quotidiane con grinta ed entusiasmo: è uno studente avido di imparare, fa sempre domande e chiede addirittura più compiti di quelli che gli vengono assegnati. Ha fatto presto amicizia con i suoi compagni grazie alla sua spavalderia e al suo spirito competitivo.
Non sappiamo come Nadir percepisca il suo albinismo, ma per lui non sembra essere un grave ostacolo: è un bambino a cui è stata data l’opportunità di vivere la sua infanzia in un ambiente sicuro e accogliente, che si ritrova in una realtà in cui può essere veramente sé stesso, con tutta la sua vitalità e il suo entusiasmo per la vita.
Altri brevi racconti, sul blog del progetto https://percorsiconibambini.it/comunitaincrescita/